Rendere i siti web accessibili anche a persone con disabilità è più facile di quello che sembra, e si può farlo in quattro semplici passaggi.
Disegnare un prodotto già in prima battuta accessibile richiede meno effort rispetto alla necessità di sistemare un prodotto già esistente, ma è possibile rimediare anche dopo il rilascio.
Secondo l’ISTAT[1], in Italia sono più di 3 milioni le persone che presentano una qualsiasi forma di disabilità, pari a circa il 5,2% della popolazione. Questo valore è probabilmente sottovalutato visto che non include le disabilità temporanee e gli effetti dell’età sulla capacità di utilizzare il web e prodotti digitali. A livello mondiale[2], il 15% della popolazione, ha una qualche forma di disabilità, mentre ben il 27% della popolazione europea sopra i 16 anni ha una qualche forma di disabilità[3].
Che sia una disabilità di tipo cognitivo o motorio, questi cittadini possono incorrere in barriere per l’accesso a prodotti e servizi, anche digitali. Basti pensare che secondo il Rapporto 2024 di WebAIM, analizzando 1 milione di home page “sono stati rilevati 56.791.260 errori di accessibilità distinti, con una media di 56,8 errori per pagina. Il numero di errori rilevati è aumentato notevolmente (13,6%) rispetto all'analisi del 2023 che ha rilevato 50 errori/pagina”. Questi errori sono barriere all'accessibilità che hanno un notevole impatto sull'utente finale e che hanno un'altissima probabilità di essere problemi di conformità alle linee Guida WCAG.
Non disponiamo di dati aggiornati sul livello di accessibilità complessivo dei servizi digitali in Italia. Tuttavia, il monitoraggio effettuato dall’Agenzia per l’Italia Digitale (AgID) su 20mila Pubbliche Amministrazioni (PA) evidenzia, ad esempio, che sostanzialmente “tutti i PDF presentano almeno un criterio di accessibilità non soddisfatto, mentre solo l’1% potrebbe risultare correttamente strutturato”.
Secondo quanto dichiarato dalle PA nel 2023, relativamente ai servizi web:
Mentre, prendendo in esame le app:
Va sottolineato che si tratta di valutazioni automatiche che non tengono conto del reale punto di vista degli utenti e che una conformità parziale si traduce di fatto in una non accessibilità. La situazione nel privato è probabilmente ancor più problematica.
Tuttavia, la diffusione della digitalizzazione, accelerata dall’emergenza Covid, amplifica l’esigenza di accessibilità ai servizi digitali, pubblici e privati, da parte di cittadini con disabilità, rendendo ancor più discriminatoria qualunque forma di accessibilità parziale o assente. Ma quella etica non è l’unica motivazione per rendere accessibili i prodotti digitali. “Al giorno d’oggi, un’azienda attenta all’inclusività digitale possiede un vantaggio reputazionale nonché competitivo sugli altri non indifferente”, spiega Luca Manara, CEO e Co Founder della piattaforma tecnologica UNGUESS.
Negli ultimi mesi si è sentito parlare con sempre maggiore insistenza di questa tematica. Si sta infatti avvicinando la scadenza del 28 giugno del 2025, la deadline per adottare i requisiti di conformità stabiliti dal Decreto Legislativo 82/2022 che recepisce la Direttiva europea sul tema dell’accessibilità digitale.
A partire da questa data, gli obblighi relativi all’accessibilità digitale saranno estesi praticamente a tutte le imprese private. Mentre inizialmente erano limitati a quelle con un fatturato superiore a 500 milioni di euro nei tre anni precedenti e già previsti per le pubbliche amministrazioni. I rinvii non sono più giustificabili visto che AgID ha pubblicato il 29 maggio del 2023 le Linee Guida di accessibilità4 per i siti web e le app delle imprese private che forniscono indicazioni su come rendere i servizi digitali accessibili a tutti gli utenti.
Fra gli obblighi, estesi anche alle imprese private, è previsto il rilascio e l’aggiornamento annuale di una dichiarazione di accessibilità, per i propri siti web e app, che indichi lo stato di conformità raggiunto, eventuali casi di deroga e le alternative accessibili messe a disposizione degli utenti. L’AgID effettua verifiche tecniche sui servizi digitali offerti dalle imprese private. Nel caso vengano rilevate non conformità, richiederà ai soggetti titolari del sito o dell’app di apportare miglioramenti entro un termine indicato, applicando sanzioni nel caso che inaccessibilità persista.
“Rendere i propri prodotti o servizi digitalmente accessibili non dev’essere solo un obbligo normativo, ma anche e soprattutto un dovere morale - spiega Luca Manara - Si tratta di una questione di inclusività: è giusto che tutti i cittadini possano accedere a tutti i servizi online, di qualsiasi tipologia questi siano. E se non basta il dovere morale, sono previste anche sanzioni fino al 5% del fatturato per quelle aziende che non si adegueranno entro la scadenza”.
Cosa possono fare quindi le aziende per essere a norma? In 4 step è possibile adeguarsi alle nuove linee guida, e fornire i propri prodotti o servizi digitali in maniera completamente accessibile e inclusiva.
“UNGUESS può essere un valido partner per aiutare ogni azienda che lo necessita a diventare al 100% accessibile. Valutare l'accessibilità e mettere in atto misure di remediation è infatti una delle nostre attività che sta ricevendo sempre maggior interesse. Dal 2022 siamo felici di supportare le aziende nella redazione dell’annuale Dichiarazione di Accessibilità”, conclude Luca Manara.
Per saperne di più su come rendere accessibile un prodotto digitale, scarica il white paper e visita la pagina dedicata.
[3] Consiglio dell’Unione europea, Disabilità nell'UE: fatti e cifre.
Il profilo di UNGUESS
UNGUESS è la piattaforma tecnologica che porta la conoscenza collettiva della sua community (TRYBER) all’interno dei processi decisionali delle aziende in modo veloce e in ogni momento necessario. Nata nel 2015, sotto il nome di AppQuality, nel centro di ricerca “Mobile Lab” del Politecnico di Milano e di Cremona dai tre ex studenti, Edoardo Vannutelli, Filippo Maria Renga e Luca Manara, oggi Ceo della startup, oggi il passaggio ad UNGUESS rafforza la mission di supportare le aziende a eliminare il guesswork da ogni processo decisionale, mettendo i consumatori finali al centro della strategia del prodotto. La startup collabora regolarmente con medie e grandi imprese internazionali tra cui Pirelli, Costa Crociere, Gruppo De’Longhi, ING, Enel, Lottomatica, Intesa Sanpaolo, Axa e molti altri. Tra i partner: Fintech District, Osservatori Digital Innovation, Nexi Open.