Sono tantissimi gli esempi di crowdsourcing che dimostrano l’efficacia di questo modello operativo per sviluppare progetti, risolvere problemi, creare contenuti e promuovere l’innovazione attraverso la collaborazione di molte persone. Il crowdsourcing sfrutta infatti l’intelligenza collettiva e le diverse competenze di grandi community, che interagiscono a distanza grazie a piattaforme digitali.
Applicata nel campo dello sviluppo e collaudo software, la metodologia crowdsourced permette alla tua azienda di esternalizzare parte delle attività, spingendo l’efficienza e la creatività oltre i confini tradizionali.
Per capirne davvero il potenziale, abbiamo raccolto in questo articolo 4 esempi di crowdsourcing nel software testing, partendo dal presupposto che questa attività, oltre a essere fondamentale, può rivelarsi critica da gestire in quanto assorbe generalmente molto tempo ed energia e spesso mette in luce i limiti dei team interni.
Ecco, dunque, come i test crowdsourced (crowdtesting) possono rappresentare una soluzione.
Esempio 1: il crowdsourcing applicato al bug hunting
Lo sviluppo di software, in particolare se basato su metodologia agile, richiede rilasci sempre più frequenti e, di conseguenza, ripetute attività di ricerca dei bug per ottenere un software con il minor numero possibile di errori.
Tuttavia, può accadere che i team di sviluppo non abbiano il tempo e le risorse sufficienti per svolgere test manuali e automatizzati a ogni singolo aggiornamento. È qui che entra in gioco il crowdsourcing: una community di tester esterni, come la nostra, può condurre velocemente le verifiche ed eseguire un’attività di bug hunting con il coordinamento di test manager esperti attraverso una piattaforma cloud.
Sulla base dell’esigenza specifica del software da testare, in UNGUESS ad esempio attiviamo all’occorrenza il gruppo di tester più adeguato, che non rappresenta dunque un costo fisso. I bug hunter, persone con competenze e conoscenze eterogenee, tecnologiche e di settore, sono spesso incentivati nella caccia da specifici riconoscimenti economici.
I tester possono operare in parallelo all’attività del tuo team di sviluppo, eliminando i tempi morti e consentendo ai tuoi sviluppatori di concentrarsi sulla produzione del software, favorendo release del software in tempi più brevi.
Esempio 2: testi di accessibilità con una community inclusiva grazie al crowdsourcing
I test di accessibilità verificano se il software può essere utilizzato da persone con disabilità (anche temporanee) - ad esempio limitazioni visive o motorie - per garantire che tutti possano facilmente utilizzare prodotti e servizi digitali, indipendentemente dalle loro capacità.
L’accessibilità del software certamente è un obbligo per le amministrazioni pubbliche e per alcune categorie di organizzazioni private e, al tempo stesso, è un diritto degli utenti. Ma se ci si riflette, è nell’interesse di qualunque azienda che mira ad aumentare il proprio bacino clienti (pensiamo a una banca che lancia una nuova app di servizi on line), visto che le persone ricorrono ai servizi digitali per abbattere le limitazioni presenti nel mondo fisico.
Alcuni test automatici, come W3C Validation, garantiscono una qualità tecnica delle pagine web e servizi digitali, senza tuttavia confrontarsi con le problematiche reali legate alle disabilità. In tal senso, si rivela strategico per ogni brand e per la PA l’approccio crowdsourcing, che può mettere a disposizione una community inclusiva, come quella di UNGUESS, composta da utenti con disabilità pronti a essere coinvolti in prima persona nell’attività di testing, così da coprire il più ampio numero di potenziali casistiche.
Esempio 3: il crowdsourcing semplifica il device compatibility testing
Un altro esempio di crowdsourcing, secondo noi particolarmente efficace, è quello nell’ambito del device compatibility testing, per verificare la compatibilità del software su diverse combinazioni di sistema operativo, browser e device. La verifica manuale è un vero grattacapo, ma anche i sistemi automatizzati per simulare le diverse combinazioni forniscono risposte inadeguate.
Se svolto con veri utenti che fanno parte di una community distribuita su scala mondiale di tester, il problema è risolto: con i loro dispositivi e browser, selezionati fra i più diffusi sul mercato, assicura il funzionamento del software in un ambiente reale e multi-piattaforma.
Esempio 4: crowdsourcing e penetration test per la cyber security dei servizi digitali
Testare che il software non abbia vulnerabilità intrinseche è una necessità per chi vuole mettere in pratica il principio di security by design . Esistono indubbiamente anche penetration test tradizionali efficaci, ma un crowd di ethical hacker è tutta un’altra storia. Avere a disposizione un team di pirati buoni, che violano sistemi e soluzioni digitali con il consenso degli owner per anticipare le azioni dei criminali informatici, è in grado di portare un plus: quello di pensare come un hacker.
Tramite UNGUESS Security, abbiamo costruito e messo a disposizione delle aziende la prima community italiana di hacker etici: persone esperte, certificate provenienti da tutto il mondo, in grado di mettersi nei panni di un cybercriminale e utilizzare le tecniche che questi userebbe per accedere al software sotto esame. Il crowdsourcing di ethical hacker consente anche di rimediare al gap di competenze nel campo della cyber security che hanno molte aziende, andando a reperirle comodamente in rete attraverso la nostra piattaforma.
Quelli che abbiamo visto sono solo alcuni esempi di crowdsourcing nel software testing. Sfruttando questa metodologia potrai ottenere risultati migliori rispetto agli strumenti tradizionali, in tempi più brevi e con costi contenuti.