La misura del churn rate dell'ecommerce, che indica la percentuale di clienti che smettono di acquistare da un negozio online durante un periodo di tempo specificato, è indispensabile per tenere costantemente sotto controllo le performance, in un momento particolarmente turbolento.
A fine 2020, infatti, anche come conseguenza del lockdown, l’ecommerce, per anni un canale secondario nel nostro Paese, ha realizzato una crescita mai sperimentata del 26%.
Questo cambiamento epocale sembra destinato a mantenersi anche nel New Normal e richiederà, soprattutto per i modelli più tradizionali di retail, profonde revisioni di processo e di organizzazione, con investimenti e nuova capacità di ascolto dei clienti.
In questa situazione, è prevedibile che gli investimenti si concentrino su attività che puntano ad attrarre il traffico e acquisire nuovi clienti. Obiettivo centrale però è convincere i clienti ad acquistare più di una volta: il costo dell’investimento per l’acquisizione del cliente potrà essere ripagato dal primo acquisto, ma la profittabilità sarà garantita dalle vendite successive.
È a questo punto che entra in gioco la valutazione del churn rate dell’ecommerce.
Misurare e interpretare il churn rate dell'ecommerce
Sapere quanti clienti abbandonano l’azienda è un’informazione parziale; ciò che davvero interessa, se si vogliono mantenere i clienti, è capire le ragioni che determinano l’abbandono. Il churn rate è utile soprattutto se viene interpretato come indicatore di qualcosa che non funziona e va modificato.
L’incremento del churn rate oggi indica qualcosa che non ha funzionato alcuni mesi fa; qualunque azione messa in atto ora sarà ormai in ritardo per recuperare i clienti persi. Il vero goal sarà dunque prevedere, analizzando i comportamenti dei clienti, un loro probabile abbandono nel prossimo futuro per prevenirlo.
Per interpretare le cause di un possibile incremento del churn rate possono certo essere utili alcune azioni come:
- una survey per coinvolgere i clienti insoddisfatti;
- contattare direttamente i clienti attraverso uno dei canali da loro indicati;
- analizzare i reclami raccolti dal customer care (call center o chatbot), se previsto.
Il grafico qui sotto riporta uno studio del 2021 di Baymard che ha individuato quali sono le principali cause dell'abbandono degli utenti durante il checkout.
Da ciò è emerso che una delle criticità risiede nel costo troppo alto di spese extra al prodotto stesso. Il 49% degli utenti non completa l’acquisto in quanto ritiene che le tasse aggiuntive siano elevate.
Da non sottovalutare è anche il fattore sicurezza. Il 17% delle persone, infatti, non si fida della piattaforma, dunque non procede con la conversione.
Importante, di conseguenza, è testare il proprio prodotto digitale con servizi che ne garantiscano l’affidabilità come è descritto in questo articolo.
Sono molte le motivazioni riconducibili a una User Research e Testing poco accurata, ad esempio il processo di checkout troppo lungo e l'impossibilità di conoscere sin da subito i costi totali. Così come anche un mancato test funzionale: il 12% degli utenti ha abbandonato il carrello a causa di malfunzionamenti e crash. Un terribile errore.
Le restanti motivazioni che creano una barriera tra l'utente e la conversioni sono elencate nella seguente immagine.
Indipendentemente dal valore attuale del churn rate, un processo di diagnosi periodica è realizzabile, in modo facile e rapido, attraverso strumenti di crowdtesting capaci di:
- misurare il livello di usabilità dell’ecommerce, individuarne gli errori e le criticità;
- analizzare il comportamento dei clienti lungo il loro journey;
- confrontare la qualità dell'interazione e dell'esperienza attraverso benchmark di mercato.
Crowdtesting per migliorare la UX e abbassare il churn rate ecommerce
Le attività svolte per capire le ragioni dell’elevato churn rate dell’ecommerce contengono già in parte le indicazioni sulle azioni da intraprendere per abbassarlo e garantire una retention soddisfacente.
Se i principali problemi individuati derivano da una cattiva esperienza utente, a causa della qualità inadeguata del portale o dell’app di ecommerce, si dovrà lavorare per rimuovere gli errori e i blocchi così da migliorare l’usabilità e, di conseguenza, la customer experience dell’ecommerce. In questo articolo spieghiamo come migliorare la user experience (UX) nell’ecommerce.
Per migliorare la UX del cliente e incentivarne la fedeltà, è indispensabile in primo luogo essere certi che il proprio ecommerce sia privo di bug e falle di usabilità. Esempi tipici sono l’abbandono dell’applicazione prima del completamento (a causa della lentezza del sito o di un design non coinvolgente) o dell’abbandono del carrello (per un eccesso di click per arrivarci o problemi derivanti dal sistema di pagamento).
Il crowdtesting è la metodologia giusta per verificare sul campo l’efficacia dell’ecommerce e delle piattaforme su cui si basa. Le tecniche crowd si avvalgono di una community di tester profilati che si comportano come clienti reali e sono in grado di evidenziare problemi di usabilità, errori di progettazione e di sviluppo software, in tempi rapidi e a costi contenuti.
L’esperienza del cliente non finisce però con l’acquisto. Per abbassare il churn rate è necessario ripercorrere il customer journey, nelle diverse fasi: checkout, assistenza post-vendita, eventuale chatbot a supporto, spedizione e arrivo del prodotto etc. Un test End2End del customer journey in logica crowd permette di rivivere l’esperienza di acquisto dal punto di vista del cliente, evidenziarne gli intoppi e abbassare drasticamente il churn rate dell’ecommerce.