La pandemia, ormai lo sentiamo dire da più di un anno, ha cambiato quasi ogni aspetto della nostra vita. Specialmente il modo in cui lavoriamo. Visto il drastico cambiamento, è diventato cruciale affidarsi a metodologie rodate che assicurino che il lavoro da remoto fili tutto liscio. Un modo per farlo, in ambito User Experience, è il remote usability test. Di solito si tende a preferire i test di usabilità in presenza rispetto a quelli da remoto perché quest'ultimo permette ai team di prodotto di interagire fisicamente con gli utenti, invece che virtualmente. In contesto di pandemia, però, ci si è spostati verso test da remoto per sopperire alle difficoltà di spostamento e aggregazione. A questo punto ci siamo chiesti: ma i test di usabilità da remoto sono davvero efficaci?
Specialmente con limiti di budget, tempo e del contesto in cui ci troviamo, il test di usabilità da remoto torna comodo, piuttosto che evitare del tutto i test di usabilità. Oggi però parleremo di quanto è efficace e se può davvero sostituire il test di usabilità di persona.
Cos'è il Remote Usability Testing?
Lo Usability Testing viene svolto per capire se gli utenti o i potenziali clienti riescono a usare un prodotto o servizio. Non solo può essere di persona o in remoto, ma anche moderato e non moderato. Ne abbiamo parlato in questo articolo.
I Remote usability test vengono spesso fatti via videocall o in modo asincrono con l'utente che registra lo schermo (e se necessario il suo volto) mentre usa il prodotto digitale. È un'ottima alternativa al test di usabilità di persona nel caso in cui sia necessario testare con un ampio numero di utenti. Se pensiamo poi alle distanze, un limite del genere chiaramente viene a mancare con i test in remoto, dove è più semplice reclutare utenti in giro per il mondo. Test di usabilità da remoto sono una alternativa più economica se paragonata a quelli in presenza. Il motivo è semplice: pensate di dover portare gli utenti in laboratorio (logistica, pasti, specialmente in questo periodo).
Quanto sono efficienti i Test di Usabilità da remoto? I principali problemi (e le soluzioni)
I Remote usability test sono efficienti in quanto permettono ai partecipanti di usare i loro device personali per lo studio, mentre allo stesso tempo permettono al vostro team di vedere come stanno lavorando. Tutto ciò torna molto utile e offre insight direttamente sul campo.
In più è comunque possibile aiutare il partecipante a risolvere qualsiasi problema si trovino davanti durante il test.
Con la modalità Remote sarà più facile non solo assumere i partecipanti, ma anche avere accesso a un numero più alto di utenti. Anche i dati saranno più realistici perché i test verranno svolti in un ambiente familiare (la propria casa), e non in un ambiente asettico e sconosciuto come un laboratorio.
Una obiezione che sentiamo fare è quella della possibile mancanza di informazioni che deriva dall'assenza di espressioni facciali dell'utente. In realtà, come anticipato qualche paragrafo fa, è facile aggirare questo ostacolo. Ad esempio, il tool iterspace permette al partecipante di registrare sia lo schermo che il proprio volto. È poi compito degli UX Researcher analizzare le espressioni verbali e non. Voilà, problema risolto.
Per i più attenti al budget, il test da remoto consente di risparmiare e di ottenere più sessioni a un costo meno elevato. Con lo stesso costo è spesso possibile ottenere un più ampio numero di utenti e più dati. I test da remoto, insomma, consentono di avere migliori risultati qualitativi grazie anche a un numero più alto di dati quantitativi.
L'ultimo (e più grande) problema: la gestione degli utenti
I problemi che potrete incontrare nel vostro passaggio verso il test da remoto è sicuramente la gestione del panel di utenti Ecco i problemi più comuni:
- trovare gli utenti (nell'organizzare un remote usability test dovreste selezionare un numero di utenti più alto rispetto al necessario, perché lo show up rate è più basso)
- mantenerli motivati a seguire gli use case (non saltare use case e/ o non consegnare risultati scadenti)
- non sapere se una sessione è stata completata, è utile ed insightful fino all'ultimo momento.
Per fortuna, anche qui c'è un modo per aggirare il problema. Quello che renderebbe più semplice la gestione è avere una community di tester e utenti. Più la community è ampia, più sarà facile trovare gli utenti giusti (quelli che combaciano con la buyer persona) e nel giusto numero. Per tenerli motivati, una struttura di gamification è necessaria. Ad esempio, in AppQuality abbiamo messo in piedi diverse attività per tenere i tester costantemente attivi: sessioni di training, giochi, classifiche, punti esperienza, premi, nuovi ruoli e responsabilità all'interno della community. In più, non dimenticate di offrire loro una retribuzione adeguata. Il nostro Community Manager ha svelato alcuni dei nostri segreti per mantenere alto l'ingaggio con le nostre decine di migliaia di tester (ad oggi ne raggiungiamo circa 250.000 nel mondo).
Quanti utenti servono per ogni test? Abbiamo risposto qui
Possono i Test di Usabilità da Remoto sostituire quelli di persona?
Nella nostra esperienza (maturata sia con test remote che in presenza) i test di usabilità da remoto sono una soluzione assolutamente valida per sostituire i test di persona. Se consideriamo invece il contesto pandemico, sono anche l'unica soluzione al momento possibile.
Ci sono sicuramente delle sfide che nascono dallo usability test in remoto, ma una volta utilizzati i nostri trucchi per aggirarli, i test da remoto sono una alternativa efficace. Specialmente nel caso dei non moderati, sono più semplici da organizzare senza però avere un impatto negativo sulla qualità dei risultati. La cultura del remoto non è certamente passeggera, e ci dovremo adattare nel modo migliore possibile. I test di usabilità da remoto sono sicuramente in quella strada.
Risorse
UX Design, NNGroup, Hotjar