Ma cosa c'entra il cyberbullismo con AppQuality? C'entra eccome, visto che il nostro obiettivo ultimo è quello di creare esperienze fluide, positive, sicure e accessibili a tutti gli utenti.
L’analista forense Luca Russo ha dichiarato che «Se prima il rischio di bullismo e cyberbullismo era all’ordine del giorno, ora, a causa della pandemia, questo rischio si è elevato ulteriormente [...]».
Tra gli obiettivi dello sviluppo sostenibile che ne sono sei che hanno ispirato questo articolo: salute e benessere (3), istruzione di qualità (4), uguaglianza di genere (5), lavoro dignitoso e crescita economica (8), riduzione delle diseguaglianze (10), pace, giustizia e istituzioni robuste (16). Ce ne parla Alessandro Bottalico.
La Redazione
Ad essere onesti, non sono sicuro che si usasse il termine bullismo, ma prima degli anni 90 esistevano le burle e le prese in giro, nei cortili, fuori e dentro le scuole, al bar, in piazza.
Le baruffe a volte erano calcistiche, politiche, per amore o soprannomi non graditi.
E poi nei vari anni 199X, 200X e 20XX arrivano i social media. I bar e i circoli quasi scompaiono perché chi ha voglia ora di uscire, commento quando mi pare il post della pagina. Le discussioni diventano eterne, inclusa l’acredine, perché anche sui social si litiga, eccome, digitale e di persona non ci si sente più. Magari fosse tutto solo qui…
Cyberbullismo & Stalking
Da MySpace a Facebook Twitter e tutto il resto forse ci aspettava strumenti di comunicazione di massa.
Però certo se la democrazia e il diritto di parola, tocca e offende qualcuno, la portata del post e dei suoi commenti va ben oltre l’uso di un megafono. Può diventare virale fino a raggiungere sconosciuti, trascinando in un gorgo di vergogna e pentimento la povera vittima a volte pure ignara.
La potenza di quel tornado ha spezzato più di una vita. Non li elenco perché dovrei elencare anche le vittime degli anni precedenti, a quando i social non c’erano e c’era chi stava male e chi faceva male.
I social media sono diventati lo strumento capace di veicolare non solo notizie e informazioni ma anche odio.
L’odio online sta sfuggendo di mano, secondo l’ISTAT solo pochi anni fa, almeno un adolescente su due era vittima di bullismo in un anno, 1 ragazzo su 5 almeno una volta al mese, e 1/10 ogni settimana. Se poi consideriamo solo il campione delle ragazze, i numeri salgono vertiginosamente.
Con l’arrivo delle nuove tecnologie, già nel 2011 il 90% ha uno smartphone e il 75% dei ragazzi e ragazze utilizza internet tutti i giorni, facendo sfociare il fenomeno del bullismo non solo in presenza ma anche online, con il cyberbullismo.
La pandemia e la DAD
Con l’emergenza SARS-COVID19, i numeri sugli adolescenti parlano di fenomeni preoccupanti, come racconta SKYTG24:
- 1 ragazzo su 8 dichiara di essere deriso in DAD
- Il 67% dei ragazzi si isola per non essere aggredito
E quanti compiranno o hanno già compiuto (2021 ritorno in classe) come ci dicono le cronache, gesti estremi pur di sfuggire alla morsa del bullismo?
Chi Odia Paga – COP
Chi Odia Paga, fondata da Francesco Inguscio, nasce con l’obiettivo di combattere tutte quelle forme d’odio che dalla vita reale sono passate sul web e soprattutto sui social. Condotte come lo stalking, il revenge porn, la diffamazione, hate speech e cyberbullismo sono solo alcune forme d’odio che ad oggi sono punite dallo Stato. Ogni cittadino ha il diritto di essere tutelato da tali condotte così come difendere la propria reputazione e identità digitale. Nasce quindi l’esigenza di colmare questo divario tra il virtuale e il digitale, cita Cristina Moscatelli, di aiutare le persone ad avvicinarsi alla difesa legale rendendole consapevoli dei propri diritti e cercando di farlo per la prima volta facendo incontrare il mondo del diritto con la tecnologia.
COP e i suoi partner sostengono un’economia di benessere sociale.
Parliamone
Tutte queste condotte continuano a perseverare perché le vittime non ne parlano.
Parlarne rende il fenomeno aggredibile e permette di punire i responsabili e indennizzare le vittime. Le iniziative di carattere sociale devono essere incentivate dalle aziende e coinvolgere le proprie community.
Nei casi di cyberbullismo non è solo l’adolescente a dover essere tutelato ma anche la sua famiglia, e non bisogna dimenticare la famiglia del bullo e il bullo stesso.
Per avere diritto di difesa, a volte, non basta avere uno screeenshot del telefonino. Le prove devono essere “freezzate” e presentate come prove.
Un web più sicuro?
Proprio per rendere sicura l’esperienza di navigazione, che oggi fa parte delle nostre vite quasi 24 ore al giorno, molte istituzioni e società si sono mosse in tutela delle vittime di odio online.
Oltre agli esempi già visti vorrei citare il garante delle privacy che ricorda a tutti come la legge 71/2017 garantisce il diritto alla cancellazione dei contenuti offensivi.
Ebbene se state lavorando per un sito che offre una community con scambio di messaggi, bacheche o un app di messaging, siete obbligati a inserire il form di segnalazione, dove gli utenti possono chiedervi (motivando se volete) la rimozione dei contenuti per loro sensibili. I contenuti devono essere sensibili per loro, non fare ridere voi o gli altri bulli.
Se non vi attivate si attiva il GDPR che in 48 esamina la segnalazione e se viene a chiedervi di farlo, beh i modi sono quelli da Garante. Ci può scappare anche una sanzione.
Oltre il tech
Gli obblighi o gli strumenti a disposizione non sono solo tecnologici. Tra le altre compagnie a muoversi per prime ci sono le assicurazioni, che a fronte di un piccolo premio, offrono copertura sui malanni che si muovono il web, dal furto d’identità, uso illecito di carte ma anche offese.
Genertel è stata una delle prime, ma una bella rivoluzione l’ha fatta Neosurance del gruppo AXA che ha portato direttamente la soluzione nelle mani dei ragazzi e delle loro famiglie, sul loro diario Smemoranda. L’esperienza diventa così molto fluida, i difensori sono lì dove, i bulli credono di far colpo.
L’esperienza in AppQuality
Prima del lancio online di COP, la piattaforma è stata analizzata e certificata dalla community UNGUESS (AppQuality ai tempi dell'intervista).
Qui il racconto della case history: